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Siamo vignaioli, vignaiole, agricoltori e agricoltrici, gruppi, associazioni, spazi autogestiti, singole persone e movimenti, e manifestiamo la nostra contrarietà e grande preoccupazione rispetto al tentativo del governo del nostro paese – e di parte dell'Unione Europea – di raggiungere una deregolamentazione dei nuovi OGM ottenuti con le New Genomic Techniques (NGT).
In Italia sono già state autorizzate sperimentazioni in campo aperto di riso e vite geneticamente modificati (una sperimentazione sul pomodoro è in attesa di autorizzazione). La sperimentazione in campo aperto di riso, fortunatamente, non è andata a buon fine, ma non si è interrotta. Sulla vite sono due le sperimentazioni in essere e sembra che presto se ne aggiungeranno altre. Fin ora riscontri sui salvifici risultati preannunciati non ce ne sono. D’altro canto però si sta cercando a suon di decreti e interventi politici di cancellare i principi di precauzione sulla salute e la sicurezza.
La vite è una delle specie vegetali su cui si concentrano sperimentazioni con le NGT. Il motivo è facilmente deducibile e ha ragioni economiche e culturali: il vino è protagonista di un mercato molto importante, soprattutto per Italia, Francia e Spagna. Nel nostro paese l’export vale quasi 8 miliardi di euro. Se non fosse per vite e vino, avremmo un deficit nella bilancia commerciale. Nondimeno, il vino è anche un prodotto culturale notevolissimo: la storia millenaria del vino e della domesticazione della vite sono patrimonio di popoli, civiltà e culture.
Le produzioni vitivinicole e agricole sono in grave sofferenza a causa dei cambiamenti climatici e dell’attacco di parassiti e malattie sempre più aggressivi. I promotori dei nuovi OGM descrivono, sugli schermi dei loro PC, senza riscontri tangibili, la loro tecnologia come la soluzione a tutti i mali. Ma l’introduzione di OGM nel circuito produttivo del principale prodotto culturale di tutta l’Europa latina non è altro che un tentativo di trarre profitti enormi su scala mondiale per gruppi interesse ben definiti, che intrecciano ricerca pubblica e privata, principali imprese agrochimiche e farmaceutiche, filantropia e giganti del digitale. Big-Ag, Big Pharma e Big Tech stanno operando una forte convergenza con il sostegno di governi e centri di ricerca, per trasformare profondamente non solo i sistemi alimentari, ma l’intero ambiente dove si dispiega la vita ogni giorno.
Le varietà biologiche della vite coltivata, risultato di migliaia di anni di selezione e incroci, sono il frutto del lavoro dei nostri antenati e della natura. Tutto questo non può essere ricreato in un laboratorio. Una volta perso questo patrimonio non sarà la transgenesi o la cisgenesi, in camice bianco, a ricostruirlo. La biotecnologia ha l’unico scopo di arraffare la conoscenza tradizionale contenuta nel DNA delle piante di contadini e vignaioli, trasferirla in altri organismi con metodi artificiali e ricavarne un brevetto, proprietà esclusiva del “nuovo inventore”. Forzare la natura per il solo profitto dei detentori di brevetti su forme di vita è un'aberrazione alla quale ci opponiamo.
Il buon cibo e buon vino nascono dalla cultura contadina e da un approccio produttivo, scientifico e di studio, applicato in armonia con gli ecosistemi. È da qui e dall’idea di rapporti e modi di produzione non capitalistici, che si possono affrontare le sfide climatiche e patogene del nostro tempo. La manipolazione genetica è incompatibile con tutto questo e noi ci opporremo alla deregolamentazione, difenderemo il principio di precauzione e una regolamentazione di OGM vecchi e nuovi che preveda piena tracciabilità, etichettatura e valutazione del rischio, oltre al diritto dei paesi di vietare la coltivazione sul proprio territorio.
L’agricoltura contadina di piccola e media scala non può essere assoggettata all’egemonia dei brevetti su piante e sementi, non deve essere esposta a un potenziale inquinamento genetico, materiale e culturale catastrofico.